"Al soave spirar" (Lamento di Arione) [Arr. Pluhar for Ensemble] - Christina Pluhar, Veronique Gens, Луиджи Росси

"Al soave spirar" (Lamento di Arione) [Arr. Pluhar for Ensemble] - Christina Pluhar, Veronique Gens, Луиджи Росси

Альбом
Rossi: La lyra d'Orfeo & Arpa Davidica
Год
2019
Длительность
573280

아래는 노래 가사입니다. "Al soave spirar" (Lamento di Arione) [Arr. Pluhar for Ensemble] , 아티스트 - Christina Pluhar, Veronique Gens, Луиджи Росси 번역 포함

노래 가사 " "Al soave spirar" (Lamento di Arione) [Arr. Pluhar for Ensemble] "

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"Al soave spirar" (Lamento di Arione) [Arr. Pluhar for Ensemble]

Christina Pluhar, Veronique Gens, Луиджи Росси

Al soave spirar d’aure serene

ver’ le bramate arene

fendea lieto Arion le spume infide,

quand’ecco, egli s’avvide

ch’insidiosa morte a lui s’appresta

da’ naviganti avari

sulla prora funesta.

Tremò, gelò, sparse d’affanno il volto,

poi con sospiri amari,

sfogando il duolo accolto,

più ch’a quel crudo stuolo, ai sordi venti

diede questi lamenti:

«Ahi, chi mi porge aita?

Chi da morte mi toglie?

S’alcun pietade in gentil core accoglie,

sia scudo alla mia vita.

Ahi, chi mi porge aita?

E se pur anco estinta

ogni scintilla è di pietà per me,

ditemi almen perché

vi prende un sì crudel desio,

ohimè, che v’ho fatt’io?

Io che fuor che piacer altro non volli.

O pensier troppo folli!

Lungi alle patrie sponde

dubbio talor mi venne

che le velate antenne

restasser preda al fluttuar dell’onde,

ma che dovesse mai

farsi ver’ me sì fiera

mentre seco mi tragge amica schiera,

lasso, già nol pensai,

eppur è ver che contro a me s’irrita.

Ahi, chi mi porge aita?

Deh, riportino il vanto

di sottrarmi dall’onde

l’onde di questo pianto.

Ma, chi m’ascolta?

Ohime!

Chi mi risponde?

Quale speme a me resta,

se di sì grande stuolo,

pur non si muove

a compatirmi un solo?

Dunque, dunque vorrà l’empia mia sorte

di vita il filo sciogliere?

E deggio, o dio, raccogliere

in sul fior dell’età frutto di morte?

Per me fia dunque ogni mercé sbandita?

Ahi, chi mi porge aita?

Che vaneggi, Arione,

speri trovar pietà dove non regna?

Non apprende ragione,

non conosce virtù la turba indegna,

e, solo intenta alla perversa frode,

non risponde e non ode.

Dite, inumani mostri

di crudeltà, qual ardente Megera

il cor v’accese, onde chi non v’offese

estinto resterà.

Ma chi vendicherà

la mia morte innocente,

con procellosi flutti il mar fremente?

L’Egeo profondo un sì crudele eccesso

no, no, non fia che copra,

ed io fatt’ombra ultrice a voi d’appresso

volterò il mar sossopra,

i nembi agiterò,

coi venti striderò,

e contro al fragil legno,

imitando lo sdegno,

ergerò, frangerò l’onde voraci.

Taci, misero, taci!

La tua mente delira,

non sai che vana è senza forza ogn’ira.

Deh, perdonate, amici, al dolor mio:

egli parlò, non io.

O pianti, o doglie, o pene,

muti pesci, aure sorde, acque profonde!

Deh, chi m’ascolta, ohimé, chi mi risponde?

Lasso, morir conviene!

O pianti, o doglie, o pene!

Ma se non resta ormai scampo alla vita,

sù, sù, nell’ore estreme

mostrisi l’alma ardita:

anco di morte il più crudel sembiante

sa mirar senza tema un cor costante.»

Ciò disse e poi precipitò nell’acque,

ma delfino amoroso,

tratto colà dalle canore note,

al garzon lagrimoso,

anelante e smarrito

suppose il dorso e lo ridusse al lito.

Or, se ciò ponno armoniosi accenti,

qual meraviglia poi

se con amabil pena

di bella donna il canto ogn’alma affrena?

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